Dopo la spartizione del bottino, frutto del sacco di Costantinopoli, era arrivato il momento di dividersi fra vincitori le spoglie dell’Impero caduto, secondo i criteri già fissati dagli accordi. A Venezia sarebbero stati assegnati i tre ottavi di tutti i territori, lo stesso ai crociati e la restante parte, un quarto sarebbe andata all’appena nato Impero Latino, di cui era stato eletto imperatore non il capo dei crociati Bonifacio - come i più si attendevano - ma Baldovino di Fiandra, più gradito ai veneziani.
Per scrivere questo capitolo, come del resto è successo per gli altri, mi sono documentato consultando diversi testi di storia veneziana, che conservo nella mia biblioteca personale, ma in nessuno di essi ho trovato quello che cercavo, vale a dire l'elenco completo dei territori che sarebbero spettati a Venezia in base agli accordi coi crociati per la spartizione dell'Impero bizantino. Mi è venuto alla mente allora che circa cinquant'anni fa, quando frequentavo l'università di Ca' Foscari, avevo preparato un esame di Storia veneziana studiando sul vecchio, ma ancor oggi fondamentale, testo di Roberto Cessi , dove erano riportati - mi sembrava di ricordare - molti territori in cui nelle più recenti storie di Venezia non si fa menzione. Avevo ragione, in quel testo (consultato in una biblioteca) ho potuto trovare l'elenco completo, che riporto di seguito, oltre che per soddisfare l'eventuale curiosità di qualche appassionato di storia, soprattutto per dimostrare che anche in tale materia vale il vecchio adagio: "fra il dire e il fare c'è di mezzo il mare". Dei progetti e dei piani elaborati dal vecchio doge Dandolo per assicurare a Venezia i territori che lui riteneva più appetibili, al fine di prenderne naturalmente possesso, non era rimasto - a distanza di qualche anno dalla sua morte - praticamente quasi nulla, se teniamo conto che in molti dei territori elencati Venezia non ha messo mai piede (es. Adrianopoli, Giannina e molti altri), in altri ce l'ha messo ma ha dovuto subito toglierlo (es. Durazzo e Corfù), e in altri ancora ce l'ha messo per modo di dire, cioè per interposta persona, concedendoli in feudo a patrizi e altri nobili anche non veneziani (isole Cicladi ed Eubea). Dei territori elencati dal Cessi, l'unico che risulta sia stato governato direttamente da Venezia in modo continuativo, a partire dalla fine della IV Crociata è Modone, in quanto Corone non risulta presente nella lista indicata dal Cessi, ma è passata alla città veneta in base ad accordi posteriori. Riporto l'elenco in corsivo, in modo che chi non sia interessato possa facilmente individuarlo e saltarlo a piè pari:
... Esso comprendeva nell'Epiro, nell'Acarnania e nell'Etolia, le provincie di Nicopoli, con Arta, Acheloo, Anatolico e Leconia, quella di Durazzo e Albania, con Glabinitza e Bagenezia, quella di Giannina, di Drinopoli e di Acrida e lungo il litorale Adriatico Leucade e Corfù; nel Pelopponeso la provincia di Lacedemone con Calavrita, Ostrova, Patrasso e Modone e i domini già appartenenti ai Brana , ai Cantacuzino e alla famiglia imperiale dei Comneno, nonchè le isole di Eubea, Andros, Egina, Salamina, tutte le Cicladi, Nasso, Zante e Cefalonia; lungo la costa europea dell Stretto dei Dardanelli e del Mar di Marmara una serie di territori forse discontinui dominanti le principali città marittime di Eraclea e Calcide, a Rodosto, a Galiipoli, e nella Tracia un complesso di casali facenti capo ad Agrianopoli. (da: Storia della Repubblica di Venezia, di Roberto Cessi - ed. Giunti Martello 1981 - Parte seconda, cap 1 - pag. 193-194). Chi desiderasse consultare un elenco ancora più preciso e dettagliato - che individua non solo tutti i territori spettanti a Venezia, ma anche di quelli assegnati all'Impero latino e ai crociati - può andare a visitare l'informatissimo sito "Partitio terrarum imperii Romaniae" - Wikipedia (esiste anche la versione in inglese, quella originale credo, non disturbata da orribili, per cattivo gusto, foto pubblicitarie che si è costretti a vedere nella versine in lingua italiana).
Per questa spartizione (puramente sulla carta, come ognuno può verificare) venne seguita la stessa procedura usata per la suddivisione del bottino, ma curiosamente i territori che spettavano a Venezia non vennero assegnati direttamente allo Stato lagunare, bensì a Marino Zeno, patrizio al seguito del doge Dandolo. Così evidentemente si usava da quelle parti, ma non a Venezia, come vedremo più tardi. Il nuovo doge Pietro Ziani, eletto dopo la morte di Dandolo nel 1205, di tutti quei territori non saprà poi che farsene e ne terrà per Venezia solo una minima parte di essi, dando i rimanenti in feudo a nobili, veneziani e non , come sopra accennato. A tale proposito è opportuno specificare che solo per l'Eubea è stata formalizzata la sovranità della città marciana, mentre per le isole minori i feudi sono stati concessi in modo informale, senza che tuttavia l'effettivo predominio veneziano sia mai stato messo in discussione.
Le numerose concessioni in feudo non devono meravigliare, perché i veneziani non vivevano delle rendite derivanti dal possesso di terre e dalla tassazione dei villani del contado, come i crociati feudatari, ma dei guadagni che derivavano in massima parte dai loro commerci, per cui erano interessati quasi esclusivamente agli scali marittimi e ai fondaci per le loro merci, possibilmente ben protetti da fortificazioni, così da rendere più sicuri i loro beni e le loro vite. Questo almeno fino alla metà del XV secolo, poi le cose cominceranno a cambiare, ma comincerà anche la decadenza di Venezia.
Naturalmente né allo Ziani, né al Maggior Consiglio era piaciuto che i territori acquisiti da Venezia dopo lo smembramento dell’impero bizantino fossero stati assegnati a un cittadino veneziano diverso dal doge in carica, che poteva così fregiarsi, oltre che del titolo di podestà di Costantinopoli, anche di quello di "dominatore" di quelle terre. A Venezia non piacevano neppure alcune voci che circolavano sull’opportunità di trasferire a Costantinopoli la capitale dello stato lagunare. Per sventare il pericolo che potesse prendere piede un movimento separatista, venne emanato un decreto, il quale prevedeva che il podestà di Costantinopoli, all’atto della nomina, dovesse prestare giuramento di fedeltà al doge. Con lo stesso decreto veniva inoltre abolito il titolo di dominatore.
Messo questo in chiaro, si passò a discutere sul come governare i numerosi ed estesi territori acquisiti. Anche in questo caso non vi furono dubbi, per i motivi esplicitati in precedenza. Alla città veneta interessava soltanto l’aspetto commerciale e quindi sarebbero stati amministrati direttamente da reggitori veneziani solo i territori in possesso di determinate caratteristiche, che li avessero resi appetibili per i traffici mercantili; il resto sarebbe stato dato in feudo, anche se con precise garanzie: Venezia avrebbe conservato la sovranità effettiva e avrebbe dovuto disporre - in ognuno dei territori ceduti - di fondaco, chiesa e corte di giustizia propri, nonché del pieno diritto di accesso ai porti e della tutela dei propri interessi commerciali ed economici. Sulla base di questa premessa avrebbe dovuto possedere altri territori - scelse di governare direttamente soltanto le due piazzeforti meridionali della penisola, Corone e Modone. Era evidente che Venezia giudicava indispensabile, per la sicurezza delle sue rotte, sia quelle mercantili che quella dei pellegrinaggi in Terrasanta (attività in cui deteneva quasi il monopolio), la piena disponibilità di queste due insostituibili piazzeforti, non a caso chiamerà con enfasi "i suoi due occhi sul Mediterraneo".
Per quanto riguarda le isole maggiori, decise di amministrare direttamente sia Candia, appena acquistata da Bonifacio del Monferrato, sia l’Eubea , che preferirà chiamare Negroponte, dal nome della città principale. Su quest’ultima tuttavia cambierà idea dopo non molto, quando nel 1216 incaricherà il bailo di dividere l’isola in tre parti (da nord a sud: Oreo, Calcide e Caristo) che verranno concesse in feudo ai tre rami della famiglia veronese Dalle Carceri.
Alle isole minori dell’Egeo Venezia non appare invece molto interessata e cederà in feudo quelle che le spettavano a famiglie nobili veneziane, come vedremo in seguito. Neanche l’Epiro sembra interessarle molto e infatti, dietro giuramento vassallatico, permetterà che in quei territori venga creato da Michele Angelo Comneno il Despotato dell’Epiro. Occupò invece nel 1205, di ritorno dalla crociata, la città costiera di Durazzo, che tuttavia tenne per pochi anni, in quanto se ne appropriò nel 1213 il despota dell’Epiro Michele I Ducas. La stessa cosa successe per l’isola di Corfù, assegnata a Venezia, che però poté prenderne possesso solo nel 1206, dopo aver spodestato il conte Leone Vetrano, che l’aveva occupata. L'isola, che Venezia in quel momento non ritenne di governare direttamente, fu divisa in 10 feudi, che vennero assegnati a famiglie nobili veneziane. Anche in questo caso però di lì a poco, nel 1214, venne annessa al despotato dell’Epiro. Corfù tuttavia interessava molto a Venezia e in seguito fu acquisita dal Regno di Napoli (1401), diventando uno dei possedimenti chiave Stato da mar, di cui farà parte fino alla caduta della repubblica.
Fu occupata una prima volta dai veneziani nel 1124, mentre stavano facendo ritorno dalla Terrasanta con la loro flotta, al comando del doge Michiel, il quale diede l’ordine di abbattere le mura della fortezza bizantina, dentro le quali trovavano spesso rifugio i pirati che infestavano quella parte del Mediterraneo orientale. Nel 1206 i veneziani reclamarono i loro diritti su Modone sulla base degli accordi presi coi crociati sulla spartizione dell’Impero bizantino. Il possesso del caposaldo sarà sancito dal successivo trattato di Sapienza fra Venezia e il Principato di Acaia, che assegna alla città lagunare Modone e Corone e a Villehardouin il resto del Peloponneso.
Una volta entrati in suo possesso, i veneziani ricostruirono le mura e le torri che avevano distrutto ottanta anni prima lungo tutto il perimetro del promontorio su cui sorgeva la fortezza, e la ampliarono e la rinforzarono nei secoli successivi con bastioni che fossero in grado di resistere alle artiglierie nemiche. La struttura della fortezza è complessa come la sua storia. Si raggiunge l’imponente porta di accesso (del 1714) percorrendo un ponte di quattordici arcate, fatto costruire dai francesi (venuti in aiuto ai greci in occasione della loro insurrezione contro i turchi) sopra un fossato che i veneziani avevano cominciato a scavare fin dal sec. XIII con l'intento di farvi scorrere dentro l’acqua del mare, isolando la fortezza dalla terraferma. L’opera fu ripresa anche durante il secondo periodo di dominazione veneziana, ma non fu mai portata a termine.
Ai lati della porta si trovano i due bastioni eretti l’uno nel 1460 (il bastione Bembo) e l’altro fra il 1686 e il 1714 (il bastione Loredan). Entrambi erano stati costruiti con criteri "alla moderna" - come si usava dire allora - per difendersi dagli attacchi delle artiglierie.
Superata la porta principale, si entra - attraverso l’antica Porta di Terraferma - nella Piazza d’Armi, centro della vita sociale veneziana del tempo. Più a sud un secondo ampio spiazzo è diviso dal precedente da un muro, rinforzato da quattro torri. Lì si trovavano le abitazioni dei civili. Proseguendo verso sud si arriva al Castello da mar, formato da due alte torri merlate. Da qui, attraverso la Porta San Marco e superando un ponte di pietra si arriva al Bourtzi, parola che in turco significa castello. Si tratta di una torre ottagonale, costruita nell’isolotto situato all’estremità meridionale del promontorio, che aveva lo scopo di meglio difendere lo specchio d’acqua antistante. L’opera fu iniziata dai veneziani, ma completata dai turchi (come si può desumere da molti elementi stilistici) perché nel 1500 questi ultimi assaltarono la fortezza e riuscirono ad espugnarla, nonostante tutte le opere di rafforzamento eseguite in quasi tre secoli. I veneziani ritornarono in forze nel 1686, durante la guerra di Morea, dopo aver riconquistato l’anno prima Corone. Al comando della flotta era Francesco Morosini, mentre a guidare le truppe di terra era stato designato il generale Otto Wilhelm von Konigsmarck, trattandosi di una Lega Santa. Partecipavano infatti alla spedizione anche i Cavalieri di Malta, lo Stato Pontificio e il Granducato di Toscana. Un efficace bombardamento dal mare riuscì a distruggere le mura della fortezza e costrinse i turchi alla resa. I veneti riuscirono a conquistare l’intera Morea, che restò sotto il loro dominio fino al 1715, quando una efficace controffensiva dei turchi li ricacciò definitivamente dalla Grecia continentale.
Si trova nella Messenia e fu fondata nel IV secolo, dopo la spedizione di Epaminonda; fece parte della Lega achea e forse dipese anche da Sparta. Si trova pochi chilometri più a sud della vicina Modone, sulla parte sinistra del capo Gallo. Con Modone ha condiviso molte vicende, essendo ambedue entrate nello Stato da mar con le stesse modalità (Trattato di Sapienza del 1209 con Goffredo di Villehardouin) ed essendone uscite nello stesso momento, dopo la sconfitta veneziana nella guerra contro i turchi del 1715.
Alla fine del sec. XIV, con gli acquisti di Argo e Nauplia, l’entroterra di Corone risultò molto ampliato e di conseguenza anche il suo porto aumentò notevolmente di importanza. Nel 1500 fu espugnata dai turchi e nel 1685 fu la prima fortezza sotto il controllo ottomano ad essere espugnata dalle armate veneziane al comando di Francesco Morosini, durante la guerra di Morea, dopo un assedio di 49 giorni.