L'IMPERO SUL MARE
DELLA REPUBBLICA DI VENEZIA
LUOGHI - IMMAGINI - VICENDE
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I miei nonni paterni, trevigiani come me, hanno fatto il viaggio di nozze a Venezia. Durata un giorno: partenza la domenica mattina, primo treno, e ritorno domenica sera, ultimo treno. Niente prima notte con risveglio sul Canal Grande - mi raccontava mia nonna, che era una grande narratrice, come quasi tutte le nonne dell’epoca - ma era stato bellissimo lo stesso perché fino a quel giorno lei e mio nonno Venezia l’avevano vista solo in cartolina.
Mi raccontava l’incanto dello primo sguardo sul Canal Grande, appena scesi dai gradini dalla stazione di Santa Lucia, e poi dell'arrivo in piazza San Marco. Qualche anno dopo questo racconto doveva succedere anche a me di provare la stessa emozione e lo stesso incanto, quello del forestiero del “contado” che vede per la prima volta una vera città: Venezia. Poi è stato sempre così, ogni mattina che arrivavo col treno per recarmi a Ca’ Foscari, dove ho avuto la fortuna di studiare.
Mi ero talmente innamorato di questa meravigliosa città che nella stesura del primo piano di studi (negli anni ’60 era una novità il fatto che uno poteva costruirselo, entro certi limiti) ho cercato di mettere un po' di Venezia in tutte le materie d'esame: nella storia, in quella dell’arte, nella letteratura. Poi ho dovuto interrompere gli studi abbastanza bruscamente per andare al lavoro: la mia nuova missione era diventata la perpetuazione della specie, e quindi dovevo guadagnare!
Erano stati comunque anni bellissimi: giravo - fra una lezione e l'altra, in quelle che chiamavamo "le ore buche" - per calli, fondamenta, ponti, campielli e guardandomi intorno mi chiedevo come avesse fatto un popolo di mercanti, che aveva magari acquisito i quarti di nobiltà per entrare nel patriziato commerciando sale, spezie e perfino schiavi, a creare quasi dal nulla (la laguna è terra, fango e acqua salsa) la città più bella del mondo. E’ una domanda che mi pongo tuttora, anche dopo aver letto molte migliaia di pagine su Venezia. Una risposta, a dire il vero, mi si è affacciata alla mente, ma è talmente semplice, quasi banale, che mi vergogno perfino a metterla per iscritto. Però con alcuni amici mi confido e ne parlo.
Questo stupore per tanta bellezza ha continuato ad accompagnarmi nei miei viaggi-vacanza in Istria e Dalmazia, i cui centri storici sono “intrisi di venezianità” in maniera – credo - irreversibile. La stessa sensazione ho provato poi in Grecia, alla vista della imponente e maestosa mole della fortezza di Modone e di altre ancora. Da quei viaggi e dal desiderio di riunire in un'unica pubblicazione (allora pensavo ad un libro) le immagini e la descrizione dei moltissimi luoghi in cui Venezia ha esercitato il suo dominio - grandi e piccoli, importanti o meno, per molto tempo o pochi anni - è nato il progetto che sto cercando di realizzare, anche se ci vorrà ancora tempo (e salute) per completarlo.
Non è niente di nuovo, altri hanno fatto qualcosa di simile e in modo ancora più approfondito, ma privilegiando dei singoli territori (coste adriatiche e ioniche, coste della Grecia o singole isole ecc.). Io avrei l'ambizione di riunire tutte queste ricerche e metterle in un unico contenitore, in modo che uno possa trovarle tutte assieme, senza perdere tanto tempo a cercarle in molti siti, come ho dovuto fare io. Per dirla col linguaggio della fotografia, che conosco bene, è come se esistessero tante belle fotografie scattate col teleobiettivo, nitide e ricchissime di particolari. Io vorrei usare invece il grandangolo e ottenere così un grande affresco, che metta in risalto il disegno che c'era dietro alla volontà veneziana di dominio sui mari. Quando avrò finito, il risultato dovrebbe essere più o meno quello un collage di tante singole immagini racchiuse in un'unica cornice. Progetto ambizioso, ma realizzabile e credo non inutile. A tale proposito debbo dire che se non ci fosse stata la pandemia, con le conseguenze che sappiamo, non sarei mai riuscito a cominciare questo lavoro. Come dire che non tutto il covid vien per nuocere.
Venezia ha segnato in modo indelebile il paesaggio di molte città e luoghi situati lungo le rive dei mari Adriatico, Ionio, Egeo e sulle coste delle isole, Cipro e Creta (Candia per i veneziani) in primo luogo. Ogni volta che mi capita di vedere le vestigia della grande civiltà marinara veneziana, disseminate lungo le coste del Mediterraneo, mi sembra di tornare indietro nei secoli ed assistere a una specie di grandiosa cerimonia, come quella dello “sposalizio del mare”, che si svolse per la prima volta il giorno della "Sensa" (Assunzione) di più di mille anni fa.
Ma non sono un nostalgico dei fasti della Serenissima. Come tutti gli imperi anche quello di Venezia sul mare ha una data di nascita (la spedizione del doge Pietro II Orseolo dell’anno 1000 in Istria e Dalmazia) e una di morte (la resa a Napoleone nel 1797). Tornando a chinarmi sui libri di storia mi è capitato di apprezzare ancora di più la grandezza di Venezia, ma di capire anche i motivi della sua inarrestabile decadenza, molti dei quali coincidono purtroppo con quelli del declino della civiltà dei giorni nostri, di cui stiamo già vedendo i segni premonitori. Ma questo è un altro capitolo, che – per motivi anagrafici – non spetterà a me di scrivere.
Ringrazio tutti gli autori di cui ho liberamente utilizzato scritti e immagini. Purtroppo, non avendo la possibilità di attingere notizie direttamente dalle fonti e dai documenti del tempo, ho dovuto “montare sulle spalle” di chi questa fatica l’aveva già fatta. Penso tuttavia che anche la divulgazione di cose già rivelate e conosciute abbia una sua utilità e anche una sua dignità. Ho cercato di condire la narrazione dei fatti accaduti con alcune riflessioni personali e anche dei giudizi, magari a volte anche troppo severi, o affrettati o fuori luogo, ma sempre basati su dei principi in cui credo e ai quali ho sempre cercato di attenermi. Mi riferisco ad alcune mie affermazioni molto critiche contenute nel capitolo dedicato alla IV crociata (che poi non c'è stata) e al sacco di Zara e Costantinopoli (che invece ci sono stati). Erano opinioni che avevo anche ai tempi dell'università e che erano difformi da quelle dei miei professori e perfino da quelle dell'autore del testo su cui studiavo, la prima edizione della "Storia di Venezia" di Roberto Cessi, per molti versi ancora utilissima e fondamentale. Per certe cose sono un po' cocciuto, e son rimasto delle stesse idee di allora. L'unica differenza è che adesso mi sono costruito un piccolo pulpito dal quale predicarle...
Come antidoto alla seriosità e magari anche alla presupponenza di alcune parole pronunciate in questa specie di introduzione al lavoro che ho intrapreso, concludo con una frase scherzosa, scritta in dialetto (però di Treviso) e riportata anche in chiusura delle note biografiche: "Arivài a 'na certa età, se pol anca permètarse de dir – e parfin de scrivar – qualche monada…".